I molti volti della follia in mostra a Lucca

di Andrea Capecchi Lucca – “Entrate, ma non cercate un percorso: l'unica via è lo smarrimento”

Lucca – “Entrate, ma non cercate un percorso: l'unica via è lo smarrimento”.

Queste parole lapidarie accolgono il visitatore nello spazio, buio e non meno inquietante, del Museo della Follia nell'ex Cavallerizza di Lucca.

Un progetto di museo itinerante attraverso varie città italiane, curato e fortemente voluto dal noto critico d'arte Vittorio Sgarbi, che nei sei mesi di “sosta” a Lucca offre anche al pubblico toscano una panoramica completa sul rapporto fra arte e follia, nonchè sulle molte rappresentazioni e interpretazioni della pazzia, intesa sia come disturbo e disagio psicologico, sia come atto creativo e di ribellione dell'artista dagli schemi mentali e dalle convenzioni sociali.

Artisti moderni e contemporanei, pittori, scultori, fotografi e incisori sono riuniti in un percorso espositivo che porta a indagare nei più stretti anfratti della follia umana, che non è solo espressione di angoscia, disperazione e alienazione, ma può diventare spesso lo strumento necessario per una visione diversa, distorta o alternativa, della realtà del mondo e della condizione umana. Perchè dipingere la follia, infatti, non significa solo entrare in contatto con il mondo oscuro e tormentato degli ospedali psichiatrici e dei loro ospiti, ma vuol dire anche abbandonare per un istante lo spirito logico e razionale per lasciarsi guidare dall'irrazionalità e dalla “sana follia” della mente.

La mostra include decine di opere dei maestri dell'arte che hanno raffigurato i numerosi volti della follia, dalle immagini distorte e surreali di Francis Bacon ai ritratti colmi di crudo realismo psicologico di Silvestro Lega, Telemaco Signorini, Antonio Ligabue e Fausto Pirandello.

Impressionano “In questo bar non si fa credito” di Enrico Robusti, grande affresco dipinto a olio e lungo oltre dieci metri, popolato da figure umane su una barca in preda a una tempesta, e la serie dei dipinti con soggetti animali di Pietro Ghizzardi, opere dal forte valore simbolico in cui il turbamento e lo stato di alterazione psichica dell'autore si riflettono nella raffigurazione di una galleria di “volti” particolare e senza precedenti.

L'arte si rivela particolarmente ricca di richiami e suggestioni al mondo “interiore” della follia, rendendo espliciti i turbamenti, le angosce, le visioni oscure e drammatiche che una mente alterata può produrre. Il viaggio che il visitatore è invitato a percorrere si conclude idealmente tra le stanze di un ospedale psichiatrico, dove, tra pareti strette e ambienti claustrofobici, in una impressionante oscurità, poche e deboli luci illuminano oggetti e installazioni che fanno riferimento alla vita dei “malati” ricoverati nei manicomi, fra lettere, disegni e fotografie.

La follia da arte diventa storia, e i drammi personali di tanti volti senza nome rivivono nell'impressionante sala luminosa che accoglie decine e decine di ritratti ritrovati nelle cartelle cliniche di alcuni ex manicomi.

Data di pubblicazione: 07 January 2022

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